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La scintilla di Siracide 28,14

In chiesa, durante la consacrazione, immaginavo scenari di vita idilliaci cercando di rendere partecipe Gesù. NON UNA DISTRAZIONE, DUNQUE. In ogni caso, un pensiero ha interrotto le mie fantasticherie… un pensiero ancora più fantastico; ma fantastico solo come sinonimo di meraviglioso. Fantastico, ma reale… fantasticamente reale!

Ho pensato che non sarei felice, in realtà. Cioè, se quegli scenari si realizzassero. Non lo sarei, perché a quel punto non avrei più niente da offrire a Gesù. Niente di grande valore, almeno. Non avrei più modo di dirgli “ti amo”; o meglio, potrei sì dirglielo, ma non dimostrarglielo. Ma io non voglio amare a parole, come fanno tutti… o amare solo quando “va tutto bene”… o amare l’altro – Dio, in questo caso! – nella misura in cui lui mi compiace. A parte il fatto che Lui mi compiace sempre… Io, piuttosto, non devo cessare di compiacerlo, di essere buona, solo perché qualcuno mi provoca e in quel momento ho la tentazione di dar peso più al mio benessere soggettivo che al Bene oggettivo. Uno scatto d’ira, effettivamente, reca un certo sollievo, almeno in un primo momento… ma chi è così lungimirante da pensare al dopo, alle conseguenze temporali, per non dire eterne? Vale di più la propria gratificazione immediata, oppure una vita… due vite? Quella propria e quella altrui… E preciso che la spada uccide tante persone, ma ne uccide più la lingua che la spada (Sir 28, da meditare per intero).

Inoltre, non è mai saggio prendersela con gli uomini. Non mi riferisco solo agli uomini con disturbi di personalità, come sono la maggior parte degli attaccabrighe, ma agli esseri umani in generale. Tutti noi facciamo quello che possiamo: nessuno si sveglia al mattino e inizia a progettare, scientemente, come rendersi odioso. Se l’uomo è cattivo, lo è perché è ferito. Non occorrono nemmeno grosse ferite attuali: “basta” il peccato originale (come se fosse poco!).

Per favore, fratellini, smettete definitivamente di litigare. Consiglio a voi tutti di non avere a che fare con persone malate, in primis; e se proprio dovete, invece, assecondatele per quanto possibile (vale a dire entro i limiti della morale). Chi di voi si metterebbe a discutere con il pazzo che va farneticando per la stazione? Qualcuno di “eroico” (in realtà kamikaze) potrebbe nutrire la speranza di farlo ragionare… insomma, siamo pur sempre di fronte a esseri umani… be’, non proprio. Il male fa esattamente questo: toglie umanità, disumanizza. Anche quello ricevuto, ha questo potere, motivo per cui il “pazzo” va sempre, nel dubbio, compatito.

La professionista della salute mentale Sandra Brown, di cui consiglio il saggio Women Who Love Psychopaths (è CA-PI-TA-LE), mette in evidenza che il “guasto” di queste persone è di natura neurobiologica e neurochimica. È il cervello, a essere danneggiato, e questo è anche il motivo per cui la psicoterapia registra così tanti fallimenti (figurarsi le parole del primo che passa).

Ora, potreste pensare che i casi patologici siano l’eccezione, o comunque una rarità. Ma è tutt’altro che così, soprattutto in ambienti religiosi! Chi ha “occhio clinico”, chi ha avuto a che fare almeno una volta con un narcisista patologico ed è stato invogliato a documentarsi, guarda il mondo con occhi diversi. Con i suoi occhi, riconosce quegli occhi. Perché il narcisista ha anche caratteristiche fisiche ben precise… Ma su questo credo di essermi soffermata già troppo, e adesso non è opportuno approfondire. Sappiate solo che ci sto scrivendo un libro; perché, se non posso ricevere la gratificazione della crocerossina, ne voglio almeno una in denaro. Allora quello che ho vissuto diventerà utile.

Dopo questa parentesi con all’interno l’inciso dell’annuncio, direi di tornare al tema principale. Ma no, non ce la faccio… la sostanza è che gli psicopatici sono mia croce e delizia. Ma tutti i fastidi sono croce e delizia, fermo restando il DOVERE di non autoprocurarseli e anzi di rifuggirli, perché il contrario è suicidio. Però, dal momento che il pensiero di loro ancora mi tormenta (il pensiero; e a tratti, eh! a tratti!), ne approfitto per farmi santa. Per esercitare in grado eroico le virtù, quindi, ed è questa la più grande delle sfide e il più grande degli eroismi, per me che sono temeraria. È ciò che mi entusiasma di più, ma in un senso tutto nuovo… cioè vecchio… di sicuro originale… nel senso etimologico, del termine “entusiasmo”. 😉

P.S. In realtà, quella pagina di diario di cui questo post rappresenta l’ampliamento, si conclude così: «Sono felice solo quando soffro, perché allora ho qualcosa da darGli. L’unica offerta a Lui gradita è il mio dolore. Sono felice solo quando soffro, perché allora posso dimostrarGli che Lo amo veramente. Perché “non c’è amore più grande di questo” [Gv 15,13]. Non c’è Amore senza questo».

P.P.S. Sine, avrei potuto usare un tono più accademico e impersonale, anche per evitare di sembrare un’esaltata e pazza narcisista a mia volta, ma ho prediletto la spontaneità. E dovrei farlo più spesso, forse, altrimenti non mi spiccio più. Poi, paradossalmente, vengo anche più apprezzata e più letta (web marketing spiccio).

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